Il judo › Storia del Judo

STORIA del JUDO

 

judo

ORIGINI E SVILUPPO

Il JUDO è nato in Giappone e trae origine da precedenti forme di lotta che, come in tutti i paesi del mondo, risalgono alla preistoria. Risulta quindi più interessante stabilire quando la lotta iniziò a praticarsi agonisticamente in questo paese.

Già dal 230 a.C. si ha notizia di pubbliche competizioni di forza che servivano anche a selezionare gli uomini destinati alla guardia imperiale o alla formazione di corpi speciali. Il più famoso incontro di lotta che si ricordi fu quello combattuto davanti all’imperatore Suinin (29 a.C. – 70 d.C.) da Taimano-Kuyehadya e Naomi-no-Sukune, che uccise l’avversario spezzandogli la schiena. Il vincitore ricevette onori, ricchezze e l’incarico di regolamentare il suo efficacissimo metodo di lotta per renderlo meno pericoloso o quindi più praticabile. Naomi-noSukune selezionò allora 48 tecniche (12 riguardavano attacchi alla testa, 12 al tronco e 12 agli arti) e chiamò SUMO questo stile.

Questo stile progredì verso una forma di addestramento militare e influenzato dalla cultura cinese divenne anche un rito.

L’imperatore Shomu (724-740), infatti, inserì il sumo tra i giochi della Festa di Ringraziamento per il raccolto. L’importanza che assunse questa disciplina per il Giappone è dimostrata dal fatto che nel 858 Korehito e Koretaka, figli dell’imperatore Montoku, arrivarono a disputarsi il trono con un incontro di sumo tra i loro campioni.

Il sumo comunque ha sempre avuto carattere esclusivamente nazionale ed ancora oggi gli incontri si svolgono secondo l’antico cerimoniale, compreso il propiziatorio lancio del sale sulla pedana.

Tecniche di ju-jitsu del 16° secolo

Dal Giappone si è invece diffuso in tutto il mondo il JU-JITSU (antico Ju-Jutsu) o “arte della flessibilità” le cui origini si perdono fra le leggende. La più nota dice che intorno alla meta del 1500 un medico di Nagasaki, Shirobei Akiyama, si recò in Cina per approfondire le sue conoscenze sui metodi di rianimazione approfittando nel contempo per studiare il taoismo e le arti marziali cinesi. Tornato in patria, durante un periodo di meditazione osservò che i rami più robusti degli alberi si spezzavano sotto il peso della neve, mentre quelli di un salice si piegavano fino a scrollarsi di dosso il peso per riprendere poi la posizione iniziale senza aver subito alcun danno. Applicando alle tecniche della lotta apprese in Cina le considerazioni fatte sulla cedevolezza, fondò la scuola YOSHIN (cuore di salice) basata su questo principio che è il concetto fondamentale del Ju-Jistsu che rivoluzionò la maniera di lottare: la cedevolezza può vincere la forza. Inoltre lo scopo non è più solamente quello di sconfiggere gli avversari ma di giungere al “modo” (“DO per i giapponesi o “Tao” per i cinesi), che è il modo in cui funziona l’universo.

Il Ju-Jitsu si sviluppò sotto nomi diversi a seconda del gruppo di tecniche che si preferiva approfondire (proiezioni, immobilizzazioni, percussioni con e senza armi, ecc…) raggiungendo il suo massimo splendore durante il lungo periodo di pace che inizio nel 1615. Infatti molti samurai, rimasti disoccupati, pensarono di metter a frutto quanto appreso sui campi di battaglia, raccogliendo e perfezionando le varie tecniche. Nacquero così le prime scuole private di bujitsu (arti marziali).

La pace durò circa due secoli grazie al rigoroso controllo dei vertici del potere del paese che tendeva al mantenimento dell’ordine ed all’isolamento con l’esterno, pena la morte. Relegando però il Giappone fuori della storia.

Il lungo “medio evo” terminò quando le grandi potenze, alla ricerca di nuovi mercati “consigliarono” al Giappone l’apertura al mondo occidentale, facendo capire (con otto “navi nere” in assetto da guerra schierate dal Commodoro statunitense Matthew Calbraith Perry) che un suo rifiuto non sarebbe stato “ben visto”.

Seguì una sanguinosa guerra interna in seguito ai contrasti sorti fra i “falchi” e le “colombe”, favorevoli o meno all’umiliante cedimento, che finirono nel 1868 con la fine dello shogunato (potere militare): dopo sette secoli il potere politico dalle mani dello shogun tornava in quelle dell’imperatore. Venne trasferita la capitale da Kyoto a Edo che di chiamò Tokyo, ossia “capitale dell’est”, inaugurando l’era Meiji, (“governo illuminato”).

Con l’infatuazione per la civiltà ed i consumi occidentali, anche per l’enorme diffusione delle armi da fuoco fino ad allora vietate, il bujitsu subì una rapida decadenza e molti esperti di questa arte, rimasti senza allievi, dovettero, per sopravvivere, esibirsi a pagamento in squallidi locali, oppure finirono nella malavita. In questo modo i maestri non tramandavano più il loro sapere, portandosi nella tomba i segreti del ryu (scuola): un grande patrimonio di nobili tradizioni stava per scomparire.

Jigoro Kano (cliccare per ingrandire)Questo era lo spettacolo che appariva agli occhi del fondatore del “metodo” JUDO Jigoro Kano.

Nato nel 1860 a Mikage presso Kobe, nel 1871 si trasferì a Tokyo con la famiglia, dove, essendo di fisico piuttosto gracile,  dovette subire la prepotenza dei suoi coetanei dai quali avrebbe voluto difendersi praticando il jujitsu. Poiché come già detto la disciplina era screditata, la sua famiglia si oppose e lui dovette rinunciare, dedicandosi così alla ginnastica ed al baseball, per irrobustire il fisico. Nel 1877, entrato all’università, poté finalmente avvicinarsi al jujitsu al quale si applicò con passione sotto la guida dei più validi maestri: Hachinosuke Fukuda e Masamoto Iso dai quali apprese il Katame waza (tecniche di controllo) e l’Atemi waza (tecniche per colpire) venendo in possesso, dopo la loro morte, dei famosi denso (libri segreti). Successivamente conobbe Tsunetoshi Ikubo esperto di Nage waza (tecniche di proiezione).

Kano si laureò in lettere nel 1881, iniziò ad insegnare alla Scuola dei Pari e nel 1882 aprì una palestra di appena 12 tatami (tappeti) nel tempio Eisho, radunandovi i primi 9 allievi: nasceva così il “KODOKAN” (luogo per studiare la via), dove il giovane professore elaborò una sintesi di varie scuole di jujitsu. Il nuovo stile di lotta non era più soltanto un’arte (JISTU) diJigoro Kano a 16 anni combattimento, ma era indirizzato anche all’educazione del corpo e dello spirito e venne chiamato JUDO (DO = Via JU =  Flessibilità). Questo metodo (parole del prof. Kano) si basa sul “miglior uso dell’energia” (sei ryoku zen yo) allo scopo di perfezionare se stessi e contribuire alla “prosperità del mondo intero” (ji ta kyo ei).

Per poter affermarsi la nuova filosofia aveva però bisogno di dimostrare la sua validità pratica e così il Kodokan, con un occhio alla tradizione ed uno al futuro, grazie ad importanti vittorie ottenute sulle scuole di jujistu riuscì nell’impresa ben oltre ogni più rosea aspettativa: famosa la vittoria sulla scuola del maestro Hikosuke Totsuka (13 vittorie e 2 pareggi su 15 incontri) a seguito della quale Kano fu incaricato di addestrare la polizia di Tokyo. Il judo, eliminati gli aspetti più violenti insiti nel jujistu, entrò perfino nei programmi scolastici.

Nel 1895 elaborò il primo metodo di insegnamento specifico per le proiezioni chiamato go-kyo (cinque principi) basato sulla progressività, secondo i più moderni canoni delle attuali teorie dell’allenamento (dal facile al difficile ecc…), che rivisitato e corretto nel 1922, coadiuvato dai suoi migliori allievi,  è tuttora invariato e rappresenta, pur integrato dalle attuali conoscenze, una valida base per l’insegnamento della disciplina.

Jigoro Kano a 48 anni mentre dimostra "Uki goshi", la sua tecnica speciale. Nel 1906 riunì a Kyoto i rappresentanti delle varie scuole per delineare i primi KATA (“modelli” di tecniche).

Nel 1934 venne costruito un moderno e grande edificio a Tokyo che presto divenne la mecca del judo di tutto il mondo dove infatti questo sport aveva raggiunto un’ampia diffusione, tanto è che nel ’38 il Giappone inviò il prof. Kano al Cairo perché rappresentasse la sua nazione al 12° Convegno Generale del Comitato Olimpico Internazionale. La partecipazione ebbe grande successo e fu approvata la proposta di far svolgere i prossimi Giochi Olimpici a Tokyo.

Il professor Jigoro Kano, mentre stava ritornando in patria dal Canada, dove si era recato per importanti conferenze come rappresentante del proprio paese, morì all'età di 79 anni a bordo della nave Hikawa-Maru.

Durante la seconda guerra mondiale il Judo fu utilizzato come tecnica daJigoro Kano a 70 anni combattimento.

Nel 1949 nasce la F.J.G. (Federazione Judo Giapponese) che raggruppa tutte le associazioni di Cinture Nere del Giappone ed ha sede presso il Kodokan. In Giappone non ci sono più scuole di Judo nel senso lato della parola (come avveniva nel jujitsu). Le Associazioni di Cinture Nere hanno i loro Dojo (scuole), così come le Università e la Polizia; anche alcuni Maestri e Campioni hanno i loro Dojo privati, ma tutti insegnano secondo il metodo del Kodokan, che è l’unico che può riconoscere i gradi (Dan) in Giappone.

Il Judo è entrato a far parte dei Giochi Olimpici nel 1964 proprio l’anno in cui le Olimpiadi si disputavano a Tokyo.

 

IL JUDO E GLI OCCIDENTALI

Le particolari vicende storiche e politiche dell’Estremo Oriente ed in particolare del Giappone dopo la fine del potere militare e la restaurazione del potere imperiale, con la conseguente corsa all’occidentalizzazione, contribuirono a diffondere le tecniche e certi modi di combattere dei piccoli soldati del Mikado sui vari campi di battaglia. I giapponese non potendo sottrarsi all’apertura al mondo occidentale cercarono di trarre a proprio vantaggio la situazione per imparare da questi tutto quello che potevano…. forse per poter un giorno volgere contro di essi la loro stessa “civiltà”. Gli ex-samurai vollero possedere ed imparare l’uso delle armi degli occidentali che in nome del mercato facevano a gara a soddisfare ogni richiesta (soprattutto Statunitensi, inglesi, francesi, tedeschi e russi). Una volta ottenute le armi, per un popolo di guerrieri, era un nonsenso non usarle e le occasioni certamente non mancavano. Prima contro rivolte interne, poi contro la Cina in occasione della “Rivolta dei boxers” di Pechino del 1901 nella quale furono coinvolte tutte le rappresentative occidentali, Italia compresa. Successivamente  contro la Russia 1904-1905 per la Manciuria; poi nella Corea nel 1910 e così via…

Questo susseguirsi di azioni belliche dette la possibilità agli occidentali di vedere l’efficacia sul campo di battaglia, specialmente nel combattimento ravvicinato e nel corpo a corpo, delle tecniche di arti marziali  giapponesi, sia del vecchio metodo jujitsu che del nuovo metodo judo.

Sia gli osservatori militari che i reporters della stampa mettevano spesso in risalto queste tecniche grazie alle quali i nipponici riuscivano spesso a volgere a loro favore situazioni piuttosto intricate, creando intorno a queste discipline un alone di prodigiosa efficienza che meritava di essere conosciuta.

 

IL JUDO IN ITALIA

Fra i rapporti inviati dai comandanti di navi in missione in quei mari ce ne erano anche di italiani riferenti di membri dell’equipaggio che prendevano lezioni di jujitsu o judo (a quei tempi la differenza fra i metodi non era percepita dagli occidentali) sia a bordo delle navi (Vesuvio e Marco Polo), sia nei dojo dei porti ove attraccavano.

Nel 1908 vennero richiamati in patria il cannoniere Luigi Moscardelli ed il timoniere Raffaele Pizzolla perché facessero vedere quanto appreso in una esibizione di fronte al Capo dello Stato Re Vittorio Emanuele III. A questa iniziativa non seguirono grandi sviluppi, forse perché i tempi non erano maturi o perché i soldati che si erano esibiti non avevano un grado militare tale da influenzare chi poteva promuovere questa disciplina, ma resta il fatto che per la prima volta il judo era “sbarcato” in Italia.

Alcune tecniche furono utilizzate nella prima guerra mondiale dal Battaglione San Marco (i “marines” italiani).

Si tornò a parlare di jujitsu nel 1921 quando venne istituita in Roma alla Farnesina la Scuola Centrale Militare di Educazione Fisica per l’Esercito. Venne inserito tra gli sport di combattimento anche il jujitsu e fu chiesto al Ministero della Marina se poteva mettere a disposizione della Scuola uno dei suoi istruttori. Fu scelto il sottufficiale Carlo Oletti che rimase ad insegnare alla Scuola per circa 10 anni durante i quali formò molti “istruttori”, “esperti” e “maestri”. Oletti svolse anche interessanti corsi di specializzazione presso i Corpi delle Guardie di Finanza e dei Carabinieri.

 Nel 1922 nasce per la prima volta una sezione di judo in una Società sportiva e poiché l’interesse per queste discipline si accentua nasce anche la necessità di creare un organismo federale che provveda a regolamentare ed organizzare questa attività. Presso una delle prime Società sportive del settore, la “Cristoforo Colombo”, si riunì un comitato di appassionati fra cui il Maestro Carlo Oletti, che portò nel maggio del 1924 alla creazione della “Federazione italiana di Jujitsu – Judo” alla quale aderirono 24 associazioni sportive in rappresentanza di una decina di regioni. La federazione fu regolarmente  riconosciuta dal CONI, che però non la sostenne adeguatamente, tanto è che il judo dal 1926 fu incorporato nella Federazione Italiana Atletica (nata nel 1902, sono quindi oltre 100 anni di storia, su iniziativa del marchese Luigi Ponticelli Obizzi), mentre la Federazione così rimasta si sciolse nel 1928.

Durante la gestione “autonoma” della Federazione italiana di jujitsu-judo, vennero organizzati ogni anno i campionati nazionali ed effettuate importanti manifestazioni in diverse città d’Italia. Nel 1928 a Roma in occasione della venuta in Italia del creatore del Judo Prof. Jigoro Kano, furono eseguite diverse dimostrazioni del metodo sia da parte di judoisti italiani che da parte dello stesso Jigoro Kano; la riunione si concluse con un incontro tra l’ “esperto” Roberto Piconi ed il giapponese Matakatsu Mori che si impose sul nostro atleta, dopo alterne e combattute fasi, di strettissima misura.

Nel 1933, su disposizione del CONI la F.A.I., anche per distinguerla dalla federazione Italiana Atletica Leggera, assunse il nome di Federazione Italiana Atletica Pesante (FIAP).

Dopo alterne vicende e la sospensione definitiva dell’attività intorno al 1942 dovuta alle circostanze belliche, vi furono non poche difficoltà per la ripresa delle attività che si concretizzò nel 1948 al Congresso di Genova della FIAP con la creazione del Gruppo Autonomo di Lotta Giapponese, successivamente semplificato in Gruppo Autonomo Judo.

Mentre in Giappone non esistevano categorie di peso negli incontri, l’Italia che aveva da tempo adottato questo sistema fu una delle principali sostenitrici della sua adozione anche in campo internazionale. Il tempo ha dato ragione alla posizione sostenuta dalla nostra nazione, ed anche il paese più tradizionalista quale era il Giappone nel 1962 (inizialmente soltanto per le gare di carattere internazionale), adottò le categorie di peso, rendendo più “sportiva” questa disciplina e scindendone la pratica agonistica da quella etico-filosofica: per raggiungere i fatidici Giochi Olimpici bisognava ben sacrificare qualcosa!

Nel 1963 la FIAP venne scissa in tre federazioni, per i pesi, per le lotte, e per il judo con autonomia tecnica, organizzativa e finanziaria, anche se ancora unite e coordinate da un unico Consiglio Federale generale e da un unico presidente.

Veduta del Centro Olimpico Federale di Ostia (Roma)

Nel 1974 la sigla federale è stata mutata in F.I.L.P.J. (Federazione Italiana Lotta Pesi Judo), quindi con la specifica indicazione delle tre branche sulle quali è articolata. Quale organo ufficiale del CONI inquadra con settori autonomi le seguenti attività: Lotta, negli stili Greco-Romana, stile Libero e Sambo; la Pesistica (sollevamento pesi); il Judo, attraverso il cui settore la FILPJ inquadra la F.I.K. (Federazione Italiana Karate) e le Discipline associate del Ju-Jitsu, Aikido, ecc…

Nel 1995 il Karate è entrato a far parte della Federazione, con pari dignità rispetto alle altre tre discipline, con l’aggiunta del quarto settore e la conseguente variazione della denominazione in FILPJK (Federazione Italiana Lotta Pesi Judo Karate).

Infine nel 2000 la FILPIK si è scissa dando vita a due nuove federazione la FIPCF (Federazione Italiana Pesistica e Cultura Fisica) e la F.I.J.L.K.A.M. (Federazione Italiana Judo Lotta Karate ed Arti Marziali), razionalizzando e rendendo più omogenei i raggruppamenti in base alle loro caratteristiche specifiche.